giovedì 7 settembre 2017

Tolkien è ariano? La storia della lettera del 1938


Per cominciare libero il campo da ogni equivoco o fraintendimento. In questo articolo non intendo dimostrare le simpatie di J.R.R. Tolkien per questa o quell’idea politica o regime, perché mai ve ne furono. In nessun momento della sua esistenza. E per essere ancora più chiaro, ricorderò ciò che scrisse durante il secondo conflitto mondiale sui protagonisti in campo.

Su Adolf Hitler
C’è molta più forza e veridicità nell’ideale «germanico» di quanta la gente ignorante non immagini. Io ne ero molto attratto da studente (quando Hitler, penso, si dilettava di pittura e non ne aveva ancora sentito parlare), per reazione agli «studi classici». […] Comunque, in questa guerra io ho un bruciante rancore personale, che mi renderebbe a 49 anni un soldato migliore di quanto non fossi a 22, contro quel dannato piccolo ignorante di Adolf Hitler (perché la cosa strana circa l’ispirazione demoniaca e l’impeto è che non riguarda per niente la statura intellettuale di una persona, ma riguarda la sola volontà). Sta rovinando, pervertendo, distruggendo, e rendendo per sempre maledetto quel nobile spirito nordico, supremo contributo all’Europa, che io ho sempre amato, e cercato di presentare in una giusta luce. [Lettera 45, 9 giugno 1941 a Michael Hilary Tolkien]
Sapevamo che Hitler, oltre ad altri difetti, era un piccolo furfante volgare e ignorante; ma sembra che ce ne siano molti altri che non parlano tedesco, e che, nelle stesse circostanze, mostrerebbero di avere molte delle altre caratteristiche hitleriane. [lettera 81, 23–25 settembre 1944 a Christopher Tolkien]

Su Iosif Stalin
Persino i piccoli infelici Samoiedi, temo, hanno cibo in scatola e l’altoparlante del villaggio che racconta le favole di Stalin sulla democrazia e sui fascisti crudeli che mangiano i bambini e rubano i cani da slitta. [lettera 52, 29 novembre 1943 a Christopher Tolkien]

Su Iosif Stalin, Wiston Spencer Churchil e l’Italia fascista
Anche se devo ammettere che ho sorriso a denti stretti e «mi sono quasi rotolato sul pavimento, senza interessarmi di quello che sarebbe successo», quando ho sentito che quel vecchio assassino assetato di sangue di Joseph Stalin ha invitato tutte le nazioni a unirsi in una grande famiglia e a lottare per abolire la tirannia e l’intolleranza! Ma devo anche ammettere che nella foto il nostro piccolo cherubino W.S.C. in realtà sembrava il più ruffiano di tutti. […] Chi vincerà? dissero gli italiani (prima di essere coinvolti, poveri diavoli), e Stalin rispose. [lettera 53, 9 dicembre 1943 a Christopher Tolkien]

Detto ciò e con la speranza di non dover più tornare su un argomento che appassiona solo chi non conosce Tolkien e neppure s’impegna per colmare questa sua enorme lacuna, spiego il perché di questo scritto e di come il suo scopo sia principalmente biografico-documentale affinché una storia per troppo tempo raccontata a metà, solo in Italia purtroppo, possa essere conosciuta nella sua interezza.

Tra le lettere di Tolkien pubblicate da Humphrey Carpenter, con il supporto di Christopher Tolkien, la missiva più citata è probabilmente quella che scrisse nel 1938 ad un editore tedesco, la Rutten und Loening di Potsdam, nella quale l’autore de Lo Hobbit si risentiva della loro richiesta di sapere se avesse origini “ariane”. Fermo restando la posizione di Tolkien nei confronti del regime nazista, e su riportate, da studioso resto basito di come certi “nonsocosasono” tolkieniani trattino quest’argomento. E mi riferisco a due questioni in particolare: la scelta di non raccontare tutta la storia e il trattamento riservato all’editore bollato come “nazista” senza spiegare cosa ci fosse realmente alle spalle. Un studioso che ha l’interesse di far conoscere e amare Tolkien, e il mondo che l'ha circondato, ha il dovere di presentare all’ignaro lettore il quadro completo delle notizie di cui dispone affinché quest’ultimo possa meglio comprendere e farsi una propria opinione che non può essere quella costruita da altri. Esempio di tale comportamento, è il signor Federico Guglielmi (in arte Wu Ming 4) che nel suo "Difendere la Terra di Mezzo" (un libro il cui rigore [e utilità] trova pari solo nel Libro delle barzellette della provincia dello Jiangxi), racconta un decimo di questa storia e solo uno spillo della storia che andrete a leggere e solo perché gli è utile a convincere, e confondere, il lettore della "bontà" della sua tesi.

Per questo ho deciso di raccontare la storia della lettera del 1938 portando a conoscenza dei lettori italiani tutte le informazioni ad oggi note agli studiosi e a chi fa ricerca su Tolkien con onestà intellettuale.

Logo della Rutten und Loening
Tolkien è arisch?
Il 22 luglio 1938, l’editore Rutten und Loening scrisse all’Allen and Unwin, gli editori inglesi di Tolkien, del suo interesse a pubblicare una traduzione tedesca de Lo Hobbit uscito in Inghilterra l’anno prima. Nella lettera chiesero se Tolkien fosse di origine “ariana” – intendendo non di origine ebraica. [Ed ecco il perché del titolo di questo articolo "Tolkien è ariano?".] La lettera fu girata a Tolkien che tre giorni più tardi, il 25 luglio, rispose al suo editore:
Devo proprio dire che la lettera acclusa della Rutten und Loening è un tantino dura. Devo sopportare questa impertinenza perché ho un nome tedesco o le loro leggi lunatiche richiedono un certificato di origine arisch da tutte le persone degli altri paesi?Personalmente sarei incline a rifiutare di concedere qualsiasi Bestaetigung [conferma, approvazione] (dato che posso benissimo farlo) e lasciare che la traduzione in tedesco vada a quel paese. In ogni caso, ho delle forti remore nei confronti di un’eventuale comparsa sulla stampa di una dichiarazione del genere. Non considero la (probabile) totale assenza di sangue ebraico come qualcosa di onorevole in quanto tale; inoltre ho molti amici ebrei, e mi rincrescerebbe avvalorare in qualsiasi modo l'idea che io abbia aderito alla dottrina della razza, assolutamente perniciosa e non scientifica.Questo riguarda Lei, in primo luogo; io non posso mandare a monte la possibilità di un`edizione tedesca senza la Sua approvazione. Quindi le sottopongo due bozze di possibili risposte. [lettera 29, 25 luglio 1938 a Stanley Unwin]

A questa lettera allegò le bozze di due lettere. Nella prima lettera Tolkien esprimeva liberamente i suoi reali sentimenti, sebbene al contempo mostrasse dei dubbi in merito alle motivazioni dell'editore.
Cari Signori,grazie per la vostra lettera. [...] Temo di non aver capito chiaramente che cosa intendete per arisch. Io non sono di origine ariana, cioè indo–iraniana; per quanto ne so, nessuno dei miei antenati parlava indostano, persiano, gitano o altri dialetti derivati. Ma se Voi volevate scoprire se sono di origine ebrea, posso solo rispondere che purtroppo non sembra che tra i miei antenati ci siano membri di quel popolo così dotato. Il mio bis–bis–nonno venne in Inghilterra dalla Germania nel diciottesimo secolo: la gran parte dei miei avi è quindi squisitamente inglese e io sono assolutamente inglese, il che dovrebbe bastare. Sono sempre stato solito, tuttavia, considerare il mio nome germanico con orgoglio e ho continuato a farlo anche durante il periodo dell’ultima; deplorevole guerra, durante la quale ho servito nell’esercito inglese. Non posso, tuttavia, trattenermi dall’osservare che se indagini così impertinenti e irrilevanti dovessero diventare la regola nelle questioni della letteratura, allora manca poco al giorno in cui un nome germanico non sarà più motivo di orgoglio.La Vostra indagine è sicuramente dovuta all’obbligo di adeguarsi alla legge del Vostro paese, ma che questa debba anche essere applicata alle persone di un altro stato è scorretto anche se avesse (ma non ce l’ha) a che fare con i meriti del mio lavoro o con la sua idoneità alla pubblicazione, lavoro del quale sembravate soddisfatti anche senza saper nulla della mia Abstammung [discendenza, genealogia].Confidando che troverete soddisfacente questa risposta,rimango il Vostro fedele J.R.R. Tolkien [lettera 30, 25 luglio 1938 a Rutten und Loening Verlag]

Nella seconda, non ancora ritrovata, Tolkien fu breve e temperato lasciando a Stanley Unwin la scelta di quale delle due inviare all’editore tedesco. In entrambe però, non escludeva la possibilità di veder pubblicato il libro in Germania.

Stanley Unwin
Il 28 luglio fu lo stesso editore Stanley Unwin a rispondere a Tolkien scrivendo che le sue lettere avevano provocato allegria e soddisfazione nei suoi uffici e spiegando che per la legge tedesca, un editore di quel paese doveva presentare un certificato nel quale si attestava che l’autore da pubblicare non fosse ebreo. Aggiunse poi, che aveva provveduto ad inviare alla Rutten und Loening la seconda lettera, quella più “morbida”, poiché gli sembrava la più adatta. Il 9 agosto dello stesso anno, Stanley Unwin riscrisse a Tolkien chiedendogli, visto che l’editore tedesco gli aveva risposto, di aiutarlo a scrivere una risposta. Purtroppo non è nota la risposta che Tolkien e la Allen and Unwin inviarono agli editori tedeschi in quanto non si ha traccia dell'originale o della copia, sappiamo però che l'idea di pubblicare Lo Hobbit in tedesco continuò il suo cammino. Il 31 agosto 1938, Tolkien scrisse alla C.A. Furth della Allen and Unwin per avere notizie della traduzione tedesca e questa gli rispose il 3 settembre che i contratti tedeschi erano stati firmati e che l'editore tedesco era in attesa del permesso di inviare il pagamento anticipato. I rapporti proseguirono e Tolkien tornò a scrivere al suo editore inglese il 10 febbraio 1939, per chiedergli se avesse sentito l'editore tedesco, giacché questi gli avevano promesso di fargli leggere la loro traduzione e lui era preoccupato che accadessero cose strane, specialmente delle alterazioni della nomenclatura. La Allen and Unwin, il giorno seguente, informò Tolkien di aver girato al sua richiesta all'editore tedesco. Infine, il 18 febbraio 1939, sempre C.A. Furth, informò Tolkien che i tedeschi non avrebbero pubblicato il libro fino all'autunno prossimo con la promessa che gli avrebbero permesso di vedere una bozza prima della pubblicazione. 
Come è noto, lo stesso anno la Germania occupò la Polonia dando vita a quell'immane tragedia che fu la Seconda guerra mondiale e la possibilità di vedere Lo Hobbit tradotto in tedesco e pubblicato dalla Rutten und Loening non si realizzò.
Dalle informazioni fin qui note, sappiamo di una richiesta che Tolkien ricevette il 21 luglio 1946 dall'artista tedesco Horus Engels in merito alla traduzione in tedesco sulla quale il professore rispose che "tutte le domande di traduzione e copyright sono nelle mani degli editori". Lo stesso giorno, Tolkien si rivolse a Stanley Unwin  chiedendogli se avesse notizie dalla Rutten und Loening e se ci fossero prospettive per tradurre il libro in altre lingue.

Lo Hobbit uscirà in Germania solo nel 1957 con il titolo Kleiner Hobbit und der große Zauberer [Il piccolo Hobbit e il grande mago] nella traduzione di Walter Scherf e le illustrazioni di Horus Engels per la casa editrice cattolica Paulus-Verlag di Recklinghausen.

La Rutten und Loening e la sua vera storia
È bene, seguendo la strada della ricostruzione storica, capire chi fossero gli editori tedeschi della Rutten und Loening in modo da evitare giudizi e conclusioni affrettate.

1a edizione di Struwwelpeter
Joseph Rutten, un commerciante di Francoforte fondò nel 1844, la Literarische Anstalt (J. Rutten) aiutato dall’editore Zacharias Loewenthal (che successivamente cambiò il nome in Carl Friedrich Loening). Tra i primi grandi successi della neonata casa editrice, una tiratura di 1500 copie di Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann (1845), un libro illustrato per bambini che raccoglie dieci filastrocche con le vicende di altrettanti personaggi compresa quella di Pierino che dà il nome al testo. In Italia fu tradotto in Pierino Porcospino e pubblicato per la prima volta dalla Hoepli nel 1882. Sempre nel 1845, la casa editrice di Rutten fu la prima a pubblicare il primo libro scritto congiuntamente da Karl Marx e Friedrich Engels, Die heilige Familie [La Sacra Famiglia]. 
Prima edizione di
Die heilige Familie
Nel 1848, Rutten e Loenwenthal entrarono a far parte dell’Assemblea nazionale di Francoforte, l’assemblea costituente che si riunì a Francoforte sul Meno dal 18 maggio di quell’anno fino al 31 maggio 1849, per dare una costituzione alla Confederazione germanica e creare uno stato unitario tedesco. Successivamente, la Literarische Anstalt fu l’editore di molti rappresentanti della sinistra presenti nell’Assemblea Nazionale. Nel 1859 Loenwenthal, divenuto Loening, divenne azionista e la casa editrice prese il nome di Literarische Anstalt Rutten und Loening e dal 1879, venne diretta da Gottfried Loening e Heinrich Oswalt, quest’ultimo nipote di Rutten e il catalogo si arricchì di titoli sulla storia, storia dell’arte, letteratura e giurisprudenza. Da segnalare come il Goethe-Jahrbücher, della Goethe Society, fondato da Ludwig Geiger nel 1880, fu per molti anni pubblicato dalla Rütten and Loening e il testo Struwwelpeter vide nel 1876 la centesima ristampa e nel 1895 la duecentesima.

Martin M. Buber
Fu Wilhelm Oswalt, figlio di Heinrich, ad ereditare assieme alle sue sorelle nel 1901 la casa editrice e dal 1905, per oltre dieci anni, il suo direttore editoriale fu quel Martin Mordechai Buber teologo, filosofo e pedagogista austriaco poi naturalizzato israeliano, noto soprattutto perché fu colui a cui si deve l'emersione alla cultura europea del movimento hassidim [chassidismo, ḥasidismo o hassidismo (in ebraico: Ḥăsīdūt)], “il movimento di massa ebraico basato sul rinnovamento spirituale dell'ebraismo ortodosso, sorto nella Polonia del XVIII secolo per opera del taumaturgo e kabbalista Yisrāēl ben Ĕlīezer, meglio conosciuto come il Ba'al Shēm Ṭōv”.

Romain Rolland
Nel 1913 fu Adolf Neumann a diventare azionista per il 25% e negli anni Venti, il catalogo si arricchì della narrativa e la pubblicazione di autori stranieri come lo scrittore, drammaturgo francese e Premio Nobel per la Letteratura nel 1915, Romain Rolland che tra le altre cose tra le due guerre prese parte attiva in alcune iniziative internazionali contro il fascismo; la scrittrice norvegese e Premio Nobel per la letteratura nel 1928, Sigrid Undset, autrice del capolavoro pubblicato fra il 1920 e il 1922, Kristin, figlia di Lavrans, romanzo storico che narra la vita di una donna in Scandinavia durante il Medioevo; e lo scrittore tedesco famoso per i libri L'Ape Maia e Il popolo del cielo, Waldemar Bonsels. Ma anche il poeta tedesco Rudolf Binding che nel 1933 fu, assieme ad altri 87 intellettuali a firmare il Gelöbnis treuester Gefolgschaft, l’atto di fedeltà a Hitler.

Whilhelm Ernst Oswalt
e i due figli Ludwig e Lux
Nel 1936 Wilhelm Ernst Oswalt e Adolf Neumann ricevettero l’ordine dalla Camera del Reich di chiudere o cedere la casa editrice sulla scorta delle Leggi di Norimberga promulgate il 15 settembre dell’anno prima dal Reichstag del Partito Nazionalsocialista durante il settimo congresso che si tenne proprio in quella città. Le Leggi di Norimberga erano costituite da tre leggi: la "legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco" (RGBl. I S. 1146); la "legge sulla cittadinanza del Reich" (RGBl. I S. 1146) e la "legge sulla bandiera del Reich". 
Leggi di Norimberga
Nel luglio del 1936, Oswalt e Neumann furono costretti a vendere la casa editrice all’editore Albert Hachfeld (Athenaion Verlag) di Potsdam che portò con sé l'intero patrimonio compreso gli archivi e parte del personale. Il giornalista Benno Reifenberg scrisse sul Frankfurter Zeitung che «ha visto con doloroso rammarico il divorzio tra la città e l'editore» riconoscendogli «una grande apertura mentale come nelle migliori tradizioni».
A seguito di questa cessione forzata, la casa editrice sciolse i contratti con gli autori di origine ebraica come Roman Rolland, pubblicando durante il secondo conflitto mondiale principalmente letteratura classica e la letteratura devota al regime.

Whilhelm Ernst Oswalt
Ernst "Lux" Ludwig Oswalt
Dopo la vendita forzata, Wilhelm Ernst Oswalt (sua moglie Wilhelmine Rosenhaupt, insegnante ebrea, morì di leucemia nel 1938) nel 1942 fu denunciato perché, raccontarono, non aveva indossato la stella gialla e poi arrestato. Il giorno prima di essere deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen vicino a Oranienburg, dove sarebbe stato assassinato due settimane dopo esservi entrato, scrisse una lettera ai suoi amici che si chiudeva con un «Amici miei addio». Il figlio maggiore Heinrich fuggìò in Svizzera e riuscì a sopravvivere mentre il più giovane, Ernst "Lux" Ludwig, fu anch’egli deportato e assassinato in un campo di concentramento in Polonia. Le proprietà confiscate a Wilhelm Ernst Oswalt furono messe all’asta dalla Gestapo nel 1942 e tra queste la grande e inestimabile biblioteca degli oltre dieci mila volumi raccolti in quasi cento anni di tradizione familiare. Adolf Neumann, ebreo, un tempo considerato una delle più importanti personalità nell'editoria nella Germania nazista, riuscì per alcuni cavilli a non cedere la sua parte di azioni, il 25%, e fuggire prima in Norvegia e, dopo la sua occupazione da parte dei nazisti, in Svezia, resasi neutrale, dove morì nei primi anni Cinquanta.

 
[Targhe con i nomi di Whilhelm Ernst Oswalt e suo figlio Ludwig "Lux" 
con l'indicazione della data di deportazione e morte,
e il campo di concentramento nel quale furono deportati)

Questa, fino alla fine del secondo conflitto mondiale, la storia dell’editore, da molti indicato come “nazista”, che chiese di poter pubblicare Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Quest’ultimo, ovviamente, ignorava quanto accaduto in Germania. Certamente nel 1938, anno in cui i tedeschi scrissero all’editore inglese, la gestione era già stata forzatamente data a un proprietario connivente e compiacente con il regime nazista che l’aveva sottratta, con leggi condannabili, ai legittimi proprietari. Ma alla luce di quanto sin qui raccontato, appare evidente l’approssimazione di taluni nel riportare e, in un certo modo infangare, la storia di una realtà editoriale che meriterebbe maggior rispetto e considerazione.

Conclusione
Con riferimento alle informazioni che oggi si dispongono Tolkien, seppur contrariato da una richiesta che un inglese non poteva ovviamente tollerare (ma anche altri europei di quell’epoca!), capì l’importanza di pubblicare Lo Hobbit in Germania forse per questioni linguistiche e anche per ragioni economiche se si considerano le lettere scritte in quel periodo che mostrano le sue difficoltà nel mandare avanti una famiglia con il solo stipendio da professore. Non escluse quell’opportunità né voleva essere lui la causa del rifiuto e non a caso scrisse di sua spontanea volontà due lettere che inviò al suo editore lasciando a questi la decisione ultima. E Rayner Unwin, anch’egli propenso a seguire quella strada, inviò la lettera più morbida di cui purtroppo non conosciamo il contenuto anche se sarebbe davvero interessante se si riuscisse a ritrovarla. Ma è noto che il contratto fu poi firmato e Tolkien attendeva di vedere la traduzione prima che questa arrivasse sugli scaffali delle librerie tedesche..

Tolkien e Rayner Unwin non conoscevano la storia della Ruttel and Loening, il dramma che avevano vissuto solo due anni prima a causa di leggi, seppure figlie di quel tempo che vanno storicizzate e contestualizzate, fermamente condannabili. Ma noi, oggi, abbiamo il dovere di raccontare quanto sappiamo per rispetto della storia e perché è inaccettabile prendere pezzi della vita di Tolkien, così delle sue lettere, e piegarle e modellarle affinché le proprie tesi possano trovare una giustificazione. Non lo merita Tolkien, se lo si ama, e non lo merita chi ama Tolkien.

Fonti consultate
-. CARPENTER, Humphrey. La realtà in trasparenza. Lettere. Milano: Bompiani, 2001
-. DAHM, Volker. Das jüdische Buch im Dritten Reich, Monaco: C.H. Beck, 1993
-. FRANKFURTH.DE. Oswalt, Whilelm Ernst und Ludwig, und Irene Hilb
-. SCULL, Christina; HAMMOND G. Wayne. The J. R. R. Tolkien Companion and Guide, vol. I Chronology. London: Harper Collins, 2006
-. BEBENBURG von, Pitt. Der Verlag des "Struwwelpeter". Frankfurter Rundschau. 4 aprile 2016